I Sette Saggi nelle Tradizioni antiche

Nei miti antichi e nelle leggende ci si imbatte di frequente nel topos dei “sette saggi”. In genere sono uomini straordinariamente sapienti che hanno il compito di guidare l’intera umanità, nella leggenda rappresentata metaforicamente dagli abitanti di una determinata città, di una determinata regione o di una intera nazione. In quasi tutte le tradizioni, poi, le vicende di questi uomini è legata all’elemento acqueo, espresso a volte come diluvio e altre come oceano o abisso.

Ne troviamo traccia ad esempio nella tradizione indiana: nei Rig Veda sono i sette Rishi che vengono posti in salvo da Manu, grazie all’aiuto del pesce Matsya, durante un grande diluvio che minaccia di estinguere l’intera umanità. Ma anche altre culture conservano un mito o un poema epico che parla di sette uomini saggi che sono modello o ispirazione per l’intera popolazione: lo troviamo presso gli antichi Babilonesi, i Sumeri, l’antica Cina e anche presso gli antichi Greci.

I Rishi

Manu e il pesce MatsyaLa tradizione vedica indiana annovera diversi rishi (dal sanscrito Ṛṣi, “saggio”). Esso sono considerati poeti e veggenti, autori dei Veda, i libri sacri della antica cultura indiana. Secondo la tradizione essi sono i «nati dalla mente di Brahma».

I più noti, quelli a cui si accennava nel mito del pesce Matsya, sono i Saptarishi, che significa letteralmente “i sette Rishi”, e sono la personificazione delle altrettante stelle che compongono la costellazione dell’Orsa Maggiore.

Il loro compito è quello di guidare l’umanità nel kalpa presente, in particolare nell’epoca del Kali Yuga.

Gli Apkallu

apkalluNell’antica cultura babilonese gli Apkallu sono descritti come semi-dei, creati dalla divinità suprema Enki (o Ea), metà uomini e metà pesci (nel periodo neoassiro sono invece rappresentati spesso come uomini-aquila), emersi dall’Apsû, l’oceano primordiale.

Il loro compito è quello di insegnare agli uomini le arti e i mestieri (i Me), oltre che portare i germi della moralità per la convivenza sociale. Sono rappresentati anche come sacerdoti di Enki, per sottolineare il loro particolare legame sacro con la divinità.

I Sette Saggi del bosco di bambù

La tradizione cinese riporta di sette studiosi, musicisti e letterati che vissero molto probabilmente attorno al II secolo d.C. Sebbene esistano documenti storici riguardo l’esistenza singola di ciascuno di loro, non esiste invece una prova di alcuna connessione tra di loro. Essi vengono idealmente raggruppati sulla base della loro appartenenza spirituale alla scuola taosta di Qingtan, durante il regno Cao Wei.

sevensageschina

Con il tempo essi sono divenuti il simbolo lotta contro la corruzione e gli intrighi politici dell’opprimente corte della dinastia Jin (epoca dei Tre Regni), che oltretutto supportava il confucianesimo. Il mito che crebbe attorno a loro vuole che, per sfuggire a tutto ciò, essi si rifugiarono in un bosco di bambù che cresceva vicino la casa di  Ji Kang, nello Shanyang (ora provincia dello Henan), dove vivevano in semplicità, gioia e preghiera, criticando i costumi corrotti dell’epoca con poemi e altre opere artistiche.

Per tale ragione vennero osteggiati dal regime di allora, e divennero il simbolo della pratica e insegnamento delle virtù morali, come si può trovare anche nelle altre culture.

I Sette Savi

Sette Sapienti GreciSpostandoci verso occidente e verso la nostra epoca, le tracce di tale mito si perdono, ovvero cambiano forma, pur mantenendo un messaggio analogo. In epoca greca Platone, che era iniziato ai Misteri, nel suo dialogo Protagora incentrato sulla virtù e sulla sua insegnabilità, fa riferimento a un gruppo di sette uomini – vissuti tutti in epoche differenti tra loro – che a suo dire hanno in comune l’amore per la filosofia alla maniera degli Spartani.

Questi uomini vengono pertanto annoverati come i padri morali della filosofia, in quanto la loro vita e la loro opera, nonostante non si possa ancora definire filosofia in senso stretto (la si fa iniziare per convenzione da Talete, l’unico della lista a essere effettivamente filosofo per i canoni attuali), viene additata come esempio da imitare.

Dice Platone:

[343] Tra questi c’erano Talete di Mileto, Pittaco di Mitilene, Biante di Briene, il nostro Solone, Cleobulo di Lindo, Misone di Chene, e il settimo tra loro si narra che fosse Chilone di Sparta. Tutti questi erano ammiratori, amanti e seguaci dell’educazione spartana: chiunque, dai detti brevi e memorabili che ciascuno di loro pronunciò, potrebbe comprendere che la loro sapienza era di origini spartane. Costoro, riunitisi insieme, consacrarono come primizia della loro sapienza ad Apollo nel tempio di Delfi queste iscrizioni che tutti celebrano, «Conosci te stesso» e «Nulla di troppo». Per quale motivo dico queste cose? Perché questo era lo stile della filosofia degli antichi: una brevità spartana. Privatamente si ripeteva anche questo detto di Pittaco, molto lodato dai sapienti: «È difficile essere onesti». Simonide, dunque, desideroso di essere annoverato fra i sapienti, capì che se avesse superato questo detto, come un celebre atleta, e lo avesse vinto, sarebbe stato famoso tra gli uomini del suo tempo. Contro tale detto, quindi, e per questo motivo compose questo canto, volendo sottrargli ogni valore, come mi sembra.

A prescindere dalla lista dei nomi, che nei secoli cambia sensibilmente, il fatto importante è che Platone faccia riferimento a una filosofia “anteriore”, di cui gli abitanti di Sparta sono gli ultimi poratori. E che essa sia modello non solo della virtù in quanto esercizio di perfezionamento individuale, ma anche come elemento fondante della polis e del vivere armoniosamente in comunità.

L’epoca greca segna il passaggio da un’epoca in cui il mito, come portatore di verità in immagini, è ancora efficace nelle anime degli uomini, a un’altra in cui il pensiero razionale che si va poco a poco formando necessita di esperire la realtà in concetti, che poggino ancora però su di un sostrato sensibile.

* liberamente tratto da http://www.messagetoeagle.com/mystery-of-the-seven-sages-in-ancient-myths-and-legends/

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