Il Rappresentante dell’Umanità

Rappresentante dell'Umanità
Gruppo ligneo scolpito da Rudolf Steiner tra il 1920 e il giorno della sua morte avvenuta il 30 marzo 1925

All’interno del Goetheanum si trova esposta l’ultima opera scultoria (incompleta) di Rudolf Steiner. Si tratta del Rappresentante dell’Umanità, un gruppo ligneo alto nove metri e mezzo, che Steiner inizialmente aveva affidato alla sua collaboratrice, la scultrice inglese Edith Maryon.

In questa scultura domina la figura centrale del Cristo, in una postura che a tutta prima sembra l’atto di voler scacciare due entità, una collocata in alto-sinistra e l’altra collocata in basso-destra.

In realtà, il segno rivelatore che l’atto che l’Uomo compie non è quello di “scacciare”, è dato dalla postura delle mani. L’azione che esse esprimono sembra quella di chi tiene delle redini, e a ben vedere la mano sinistra sembra che stia afferrando per trattenere la figura sopra di essa, e la mano destra invece sembra stia per sollevare la figura ai suoi piedi.

In questo modo la sensazione risultante è quella di un’azione equilibratrice che la figura del Cristo esercita, impedendo all’angelo-diavolo in alto a sinistra di allontanarsi e a quello in basso a destra di sprofondare ancora di più negli abissi. Tale azione risulta chiara, alla luce delle comuniczioni della Scienza dello Spirito, se si osserva attentamente chi sono le due figure diagonalmente opposte alla Figura del Cristo, secondo l’asse piede destro-braccio sinistro.

Partendo dal basso, ci appare una figura angelico-demoniaca, molto simile a certa iconografia dantesca, che ha tratti spigolosi, membra  deformate, come artritiche, naso adunco e mento a punta. Si trova all’interno di una caverna, in un luogo pieno di radici, simili a vene varicose, che in pratica rappresenta l’interno della terra. Egli è Ahriman, l’Ostacolatore legato alla materialità, il cui impulso tende a oscurare la Vera Luce del Cristo, come ci ricorda il Prologo del Vangelo di Giovanni:

5In Lui era la vita
e la vita era la luce per gli uomini,
la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l’hanno accolta.
καὶ τὸ φῶς ἐν τῇ σκοτίᾳ φαίνει,
καὶ ἡ σκοτία αὐτὸ οὐ κατέλαβεν.

La sua azione nei confronti dell’uomo è quella di tenerlo ancorato all’aspetto materiale, ai sensi e a tutto ciò che con essi percepiamo come verità. Pertanto egli, di fronte alla Verità manifestata dal Logos fatto carne, ha l’impulso di scappare ancora di più verso il centro della terra (nella scultura sembra infatti che egli stia scavando sotto di sè) anziché farsi trascinare verso l’altro dall’azione redentrice del Rappresentante dell’Umanità.

L’altra figura sembra solo un angelo, e tale è in effetti poiché si tratta di Lucifero, che è rappresentato capovolto, quindi caduto, ma pur sempre con il viso rivolto verso l’alto, a indicare che è proiettato in direzione opposta alla materia. La sua azione ostacolatrice consiste proprio nello spingere l’uomo verso le altezze siderali, mediante superbia, vanità e l’orgoglio ad esempio, estraniandolo dalla materialità al punto da fargli supporre di potersi sostituire a Dio. Si noti però che la mano destra è aggrappata ad un tronco, come costretta al contatto con ciò da cui invece vuole sfuggire.

Questo sta a indicare l’attuale stato evolutivo dell’Umanità intera: l’azione di Lucifero si è indebolita, a scapito di quella di Arimane, che invece, nel gesto di scavare, ci indica che è ancora forte e influente. In altre parole, la redenzione di Lucifero è iniziata, quella di Arimane invece sembrerebbe più indietro.

L’azione del Rappresentante dell’Umanità, con la sua postura retta e inamovibile, sta allora a indicare a tutti gli uomini che è possibile trovare una via, la retta via, che equilibri l’azione di disturbo dei due ostacolatori, e che anzi si serva della loro forza, senza farsi fuorviare, allo stesso modo in cui, secondo Aristotele, la virtù è il giusto mezzo tra i due eccessi. Solo in questo modo può avvenire la redenzione di entrambi, facendo in modo che essi diventino compartecipi del progetto evolutivo dell’uomo.

In ciò Rudolf Steiner ribadisce una volta ancora, l’ultima in questo caso, poiché questa è l’ultima opera a cui si è dedicato il Maestro prima di morire, la sua concezione monistica del cosmo: bene e male sono due aspetti della medesima cosa, differenziati tra loro dalla scelta congrua o meno del momento in cui farli agire, e cooperano entrambi al progetto-uomo.

L’eccesso del materialismo (immersione nel mondo) da una parte, e l’eccesso di trascendentalismo (fuga dal mondo) dall’altro possono essere temperati solo dall’uomo virtuoso, quello cioè che mette il Bene al centro e non all’opposto del Male.

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