Leggere le immagini dell’Apocalisse – II parte – I conferenza

PRIMA CONFERENZA

Kristiania, 9 maggio 1909

Abbiamo detto spesso che la teosofia non deve essere considerata come qualcosa di nuovo. Altri approcci esterni alla conoscenza vogliono spesso vedervi qualcosa di nuovo. Ma la teosofia vuole e dovrebbe essere un’espressione della lotta per la saggezza adatta al nostro tempo, una manifestazione della battaglia che si è sempre condotta. La teosofia vede in tutte le manifestazioni temporali le varie forme di una saggezza primordiale che scorre attraverso tutte le epoche.

L’Apocalisse, che è uno dei più antichi documenti del cristianesimo, è stata spiegata nei modi più vari durante le varie epoche cristiane. Queste spiegazioni portano sempre un’impronta soggettiva della comprensione caratteristica delle diverse epoche.

Complessivamente, se scorriamo rapidamente i secoli dello sviluppo cristiano, vediamo attribuire a questo libro, già dalle prime epoche, una progressiva interpretazione materialista. Troviamo presto l’errore di interpretare le immagini dell’Apocalisse come eventi evolutivi della Terra e dell’umanità, ad esempio la discesa del Messia annunciato, o anche l’instaurazione in senso fisico di un regno celeste in questo mondo. Quando le epoche successive non realizzarono né rivelarono nulla di tutto ciò, gli abitanti delle varie regioni dell’Occidente credettero che fosse stato fatto un errore di calcolo; la data dell’avveramento di queste profezie fu spinta sempre più nel futuro. Verso i secoli XII e XIII l’Apocalisse cominciò ad essere interpretata in modo più profondo. A quel tempo la gente cominciò a vedere il regno dell’Anticristo nella mondanizzazione del cristianesimo. Per molti, la chiesa romana stessa divenne l’espressione di questo regno dell’Anticristo; la chiesa romana, d’altra parte, vide la stessa cosa nel protestantesimo.

In epoche più recenti, interamente permeate da un atteggiamento materialista, si è ovviamente detto anche che lo scrittore dell’Apocalisse non poteva sapere nulla del futuro; stava descrivendo eventi del passato. Si è pensato, ad esempio, che egli vedesse nella bestia con due corna un avversario del cristianesimo grande quanto Nerone. Per le successive descrizioni di terremoti, sciami di locuste e così via, non fu difficile dimostrare che tali eventi si verificarono in quelle regioni in quel periodo. Questa è quella che si chiama “ricerca oggettiva”; tuttavia, è completamente invalidata dalla comprensione soggettiva.

La Teosofia dovrebbe diventare uno strumento per comprendere nuovamente l’Apocalisse in senso spirituale e comprenderne così il significato. Si potrebbe anche pensare che la spiegazione data dalla Teosofia sia soggettivamente variopinta come tutte le altre spiegazioni. In un certo senso lo è, ma c’è una differenza tra essa e le altre spiegazioni. Quelli che descrivono la storia dall’esterno vorrebbere essere oggettivi, ma non possono che essere soggettivi. Noi, invece, vogliamo spiegare soggettivamente nel senso che siamo consapevoli, in tutta modestia, che la saggezza del mondo è sempre in armonia con l’evoluzione che procede, con l’avanzare del tempo. Quando compiamo ciò che è in armonia con il nostro tempo, questo si tramuta in una forza che opererà per tutto il futuro. La Teosofia non deve diventare dogmatismo. Ciò che insegniamo oggi come Teosofia non cambierà nella sua sostanza, ma nella sua forma. Quando le anime dell’epoca presente si reincarneranno in futuri, saranno abbastanza mature per assumere le ulteriori e più elevate forme del futuro, della vita spirituale. La nostra spiegazione dell’Apocalisse diventerà obsoleta; i tempi futuri la supereranno. Ma l’Apocalisse stessa non diventerà obsoleta. È molto più grande delle nostre spiegazioni e troverà spiegazioni ancora più profonde, ancora più alte.

Poniamo davanti alle nostre anime le prime righe dell’Apocalisse così come dovrebbere essere veramente lette. Ci viene detto che il mistero di Gesù Cristo ci è dato in segni, che questi segni devono essere interpretati e che lo scrittore cerca di spiegare – al meglio delle sue capacità – il maggior numero possibile di essi. L’Apocalisse è stata scritta con un’intenzione diversa dal Vangelo di Giovanni. Quando lo scrittore ci dice che sta descrivendo la rivelazione di Gesù Cristo, l’apparizione di Cristo, abbiamo a che fare con un’esperienza personale. È qualcosa di simile all’esperienza di Paolo sulla via di Damasco, simile al mistero di Paolo.

Paolo è colui che ha agito maggiormente per proclamare e diffondere il cristianesimo nonostante non sia stato uno dei discepoli che hanno vissuto gli eventi in Palestina con Gesù. E non ha neppure vissuto l’esperienza della tragica fine di quegli eventi: la crocifissione di Gesù Cristo. Attraverso le descrizioni dei Vangeli sappiamo come tutto questo sia entrato nel cuore dell’umanità dell’epoca. Paolo aveva sentito parlare di tutto ciò che è descritto nei Vangeli e sapeva esattamente cosa era successo in Palestina; tuttavia, semplicemente non poteva immaginare che colui che era finito sulla croce fosse il Messia promesso, il Redentore. Il Messia, si disse Paolo, non poteva finire come un criminale comune. Non si comprende appieno Paolo se non si guarda nel profondo della sua anima, se non si guarda a ciò che viveva in lui come la conoscenza di un iniziato ebreo. Egli sapeva che il salvatore, il Messia, si era annunciato anzitutto nel roveto ardente, nel fuoco del monte Sinai. Cristo indica questo quando dice: «Ma se non credete ai suoi scritti [di Mosè], come potrete credere alle mie parole?» (Gv 5:47) Con queste parole Cristo sta dicendo che prima si era annunciato attraverso mezzi esteriori, attraverso il potere degli elementi, e che poi, però, passò a rivelarsi attraverso la vita, la sofferenza e l’abitazione in un corpo umano – che era sceso, per così dire, dal fuoco del Sinai. Certamente l’iniziato ebreo Paolo, sapeva che il Cristo era stato preconizzato; perché dietro il mistero di Mosè c’era quanto segue.

Ai tempi dell’Antico Testamento, nelle antiche scuole iniziatiche ebraiche c’erano, come in tutte le epoche, misteri e iniziati. Teniamo presente il principio fondamentale che l’iniziazione deve adattarsi alle condizioni prevalenti di ogni epoca. Se consideriamo l’iniziazione secondo questo principio, allora dobbiamo cominciare a pensare all’essere umano come quello che ci ciene presentato dalla teosofia, o dalla scienza dello spirito. Dobbiamo pensare all’uomo come ad un essere quadruplice, un essere con quattro arti costitutivi – come dotato cioè di un corpo fisico in comune con il mondo minerale; un corpo eterico in comune con il regno vegetale; un corpo astrale in comune con il regno animale; ed infine con un Io, ovvero un portatore dell’Io. Davanti a noi, l’essere umano è composto da questi quattro corpi. Durante il giorno essi sono collegati tra di loro, ma di notte l’Io e il corpo astrale ascendono al mondo spirituale. Durante la notte l’essere umano odierno non percepisce nulla. Affinché nell’essere umano si sviluppi la visione spirituale superiore, è necessario che egli applichi a se stesso certi metodi di sviluppo interiore. Chiunque desideri ascendere ai mondi superiori deve permettere alle meditazioni e alla concentrazione di lavorare sulla propria anima. Deve immergere la propria anima in certe cose; un esempio tra tanti è la Rosa Croce.

Quando l’essere umano del presente dorme, ciò che sperimenta durante il giorno non agisce in maniera sufficiente sul suo corpo astrale, affinché questo possa continuare a lavorare di notte. Quando oggi una persona normale si addormenta la sera, la vita diurna è come spenta. Agli adepti dell’iniziazione accade qualcosa di diverso, anche se, per molto tempo, non si accrogono della trasformazione del loro corpo astrale. Un chiaroveggente vede in chi inizia a meditare e a praticare gli esercizi prescritti nelle scuole occulte, flussi forme e organi completamente diversi da quelli disorganizzati e caotici che si vedono nella gente comune. Questo è il risultato degli esercizi, anche se gli stessi studenti non notano alcun risultato per molto tempo. Il corpo astrale cambia, diventa un essere diverso, anche se si medita per breve tempo. Prima il corpo astrale era caotico e tutto ciò che l’essere umano faceva era annegato dalle impressioni del giorno. Solo le indicazioni della scuola occulta forniscono qualcosa che attutisce le impressioni della vita quotidiana. Pertanto, questa trasformazione dell’anima è chiamata purificazione o catarsi. L’allievo viene purificato, mentre il corpo astrale di una persona comune continua ad essere caotico e disordinato.

Ora, il maestro deve anche istruire l’adepto riguardo la natura del mondo spirituale circostante. Affinché ciò che accade nel corpo astrale si trasferisca nel corpo eterico, nei tempi passati venivano intrapresi con l’adepto i seguenti passi. Quando gli adepti erano pronti, all’apice della loro iniziazione, per così dire, dovevano passare del tempo sdraiati, di solito tre giorni e mezzo, durante i quali l’iniziatore li portava ad uno stato di completo letargo o torpore. Il corpo eterico veniva poi sollevato dal corpo fisico e il corpo astrale imprimeva nel corpo eterico tutto ciò che era stato preparato nell’astrale attraverso esercizi occulti. Diversamente, il corpo fisico è un ostacolo per imprimere nella coscienza ciò che la persona sperimenta nel mondo spirituale. In questo momento, quando l’iniziatore conduceva il corpo eterico fuori dal corpo fisico, avveniva l’illuminazione e l’illuminato sperimentava il mondo spirituale; dopo tre giorni e mezzo l’adepto era un iniziato che poteva parlare agli altri del mondo spirituale.

Possiamo trovare lo stesso processo nei misteri di altri popoli antichi. Ma per gli iniziati dell’Antico Testamento l’iniziazione era diversa, perché essi sperimentavano nuovamente ciò che Mosè aveva sperimentato sul Sinai. In questo modo furono in grado di dire al popolo che il Messia sarebbe apparso, che il Messia sarebbe uscito dalla nazione stessa, che avrebbe portato i principi evolutivi per tutta l’umanità entro un corpo fisico. Quello era il culmine dell’iniziazione, quando l’iniziato ebreo poteva fare l’esperienza della futura venuta del Cristo. Paolo, come iniziato ebreo, sapeva tutto questo; tuttavia, prima dell’evento di Damasco non avrebbe mai potuto credere che colui che morì sulla croce fosse lo stessa individualità del Messia.

Paolo dice di se stesso che è stato un “parto prematuro”, cioè un iniziato ad opera della grazia. Egli sottolinea che non ha ricevuto l’iniziazione attraverso una formazione che richiedeva una serie di passaggi. Ma era più vicino al mondo spirituale di quelle persone che erano penetrate nella materia molto più a fondo. Ha potuto sperimentare la “corona della vita”, l’ultimo gradino dell’iniziazione dell’Antico Testamento. Questa era la coronazione attraverso l’apparizione di Cristo. Ciò che gli iniziati dell’Antico Testamento avevano sempre sperimentato, appariva loro in una luce gloriosa. Quello che loro avevano vissuto come un evento futuro, lui ora lo vedeva come una visione che gli diceva che questo essere era lo stesso che era vissuto e morto nel corpo di Gesù di Nazareth. Ora sapeva che il Messia, il Cristo, era già qui.

Il punto più elevato della vecchia iniziazione era la conoscenza della futura venuta del Messia, che era morto ma che viveva ancora, unito all’esistenza della Terra – continuando a operare per l’evoluzione del genere umano. Questo emerge in tutte le lettere che Paolo ha scritto. Egli vedeva questo evento come qualcosa che era già diventato presente.

Mettiamoci nei panni di tutti gli altri iniziati del passato, non ebrei e non cristiani. Essi sapevano che negli antichi tempi atlantidei si sarebbe arrivati ad una forma dell’essere umano completamente diversa da quella attuale. Il corpo eterico naturalmente crea e forma al corpo fisico, e attraverso l’iniziazione essi potevano sempre vedere il corpo eterico che dava forma al corpo fisico. Nel mondo spirituale dovevano rinunciare all’immagine del corpo fisico umano; ne vedevano solo il corpo eterico.

Ma gli antichi iniziati ebrei vedevano sempre l’essere umano fisico spiritualizzato e giunto al suo coronamento nel mondo spirituale. Tali persone concepivano il Cristo come archetipo della forma umana quale poteva essere osservata nel mondo spirituale attraverso il punto di vista dato dal mondo fisico. In questo modo coloro che ricevevano l’iniziazione ebraica vedevano come, in un lontano futuro, il “Figlio dell’Uomo”, ossia il Cristo, avrebbe guarito e purificato la forma fisica. Per questo Paolo sapeva che quello che gli era apparso davanti a Damasco in forma umana non poteva essere altro che il Cristo.

Lo scrittore dell’Apocalisse ci descrive la stessa cosa quando parla del “Figlio dell’Uomo”. Egli chiama le sette comunità le “sette stelle”, e vede il “Figlio dell’Uomo” come la forma spiritualizzata e purificata del corpo fisico, non solo il corpo eterico, ma la forma spirituale-fisica dell’Uomo, l’essere umano, ora purificato e santificato.

In questo modo egli ci pone di fronte lo stesso essere che Paolo vide fuori Damasco. Poi dettaglia ciò che l’impulso di questo evento-Cristo dovrebbe significare per tutta l’umanità. Ci parla delle sette comunità in altrettante lettere. Sono messaggi riguardanti i compiti delle sette culture post-atlantiche. Nei sette sigilli, ritrae i sette periodi di cultura che seguiranno la nostra quinta epoca radicale. [Questa quinta epoca radicale è chiamata post-atlantica. Consiste di sette periodi di cultura, dei quali ora stiamo vivendo il quinto. Ne restano così ancora due prima dell’inizio della prossima epoca radicale]. E nelle sette trombe, ritrae le sette culture della settima grande epoca radicale.

Ciò che avviene nella nostra cultura attuale lo possiamo vedere nel mondo fisico. Ma ciò che avverrà nella sesta grande epoca radicale può essere visto in anticipo nelle immagini del mondo astrale. La settima grande epoca radicale, invece, può essere vissuta nei suoni che si sentono nell’armonia delle sfere, nel mondo devachanico. Essi sono sperimentati come risultato di un impulso dato dal Cristo.

In questo modo, l’Apocalisse è una rappresentazione di ciò che l’iniziato cristiano ha sperimentato. È una descrizione dell’iniziazione cristiana, un quadro delle esperienze di un uomo iniziato in senso cristiano che ha compreso ciò che è penetato nel mondo attraverso il Cristo.

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