Un punto di vista critico

Rudolf Steiner invitava ad astenersi quanto più possibile dal criticare, in quanto ciò toglie forze allo sviluppo interiore, così come consigliava di evitare di rispondere, finché possibile, alle critiche che ci vengono rivolte.
È con questo spirito, quindi, che mi accingo a pubblicare un lungo saggio di Helmut Zander, storico delle religioni e teologo cattolico di nazionalità tedesca, nel quale vengono mosse notevoli critiche tanto a Rudolf Steiner quanto alla sua opera, l’Antroposofia, esclusivamente sul piano intellettuale e formale, da chi, pur essendosi documentato adeguatamente (basta vedere il numero di opere citate), non ha compreso minimamente il senso storico e spirituale della missione del Maestro dei Tempi nuovi. Ed è proprio per non incorrere nella critica dell’autore, né tanto meno nell’agiografia ingenua del Maestro (così stigmatizzata dall’autore del saggio), che lascio le conclusioni ai lettori che avranno la pazienza e la bontà di arrivare fino in fondo.
Aggiungo solo che ho dovuto rimaneggiare la traduzione (in assenza oltretutto dell’originale in tedesco) nei punti in cui la traduttrice denota purtroppo la totale ignoranza della terminologia scientifico-spirituale, commettendo così errori che contribuiscono a rendere più “antipatico” il testo.

Rudolf Steiner. Uno schizzo biografico1Articolo apparso sulla rivista “Religioni e sette del mondo”, pag. 59, Editrice Studio Domenicano, Bologna, aprile 1997.

di Helmut Zander

Traduzione di Daniela Sala dall’originale tedesco.

Giovinezza

Quando il 25 febbraio 1861 Rudolf Steiner venne al mondo, l’Impero asburgico era ancora una potenza europea. Anche per questo il piccolo Rudolf Joseph Lorenz nacque a Kraljevec, oggi in Croazia, dove suo padre lavorava come piccolo impiegato delle ferrovie. Già un anno e mezzo più tardi la famiglia si trasferisce nei pressi di Vienna, nell’Austria di lingua tedesca, dove egli trascorre la sua giovinezza cambiando spesso residenza. Steiner aveva sì ricevuto il battesimo cattolico, ma entrambi i genitori, come egli riferisce, non erano “devoti”, e il padre è da lui esplicitamente definito come “libero pensatore” (GA2Le citazioni di Steiner sono tratte dall’edizione integrale della sua opera (Gesamtausgabe, GA), che dal 1955 viene edita dall’amministrazione patrimoniale di Rudolf Steiner a Dornach. 28, 22). II figlio fu per breve tempo chierichetto, poi il padre gli proibì il servizio all’altare. Quest’ultimo, chiaramente autoritario, entra in conflitto anche con la scuola e istruisce personalmente nei primi anni scolastici il figlio, che perciò a dieci anni non è ancora in grado di scrivere correttamente. Vivendo nelle stazioni ferroviarie, però, il giovane Steiner si affascinato alla tecnica. Anche da adulto raccontava con padronanza le tecniche impiegate al casello e ai treni in stazione, che egli apprende a Semmering, la prima moderna ferrovia d’alta montagna d’Europa. Questo ambiente tecnico lascia un’impronta importante in lui. Osservando invece la sua giovinezza, non si può dedurre nulla circa un’impronta religiosa. Anche nei decenni successivi, salvo casi eccezionali, non si ricava nulla su Steiner riguardo alla religione e alla fede cattolica. Solo con il suo all’interno della Società teosofica egli rientra in contatto con il cristianesimo, e solo quando gli viene rinfacciata l’origine ebrea, nel 1913, produce il certificato del suo battesimo, peraltro controvoglia, come osservano i suoi seguaci.

Vienna

Dopo gli studi, che assolve con buoni risultati, Steiner nel 1879 si iscrive all’Università tecnica di Vienna per intraprendere lo studio delle scienze naturali e divenire insegnante o ingegnere. Anche in queste caso l’ombra lunga del padre deve avere influenzato la scelta della facoltà, che evidentemente doveva assicurare al figlio il successo che a lui stesso era sempre stato negato. Ma Steiner a questo punto lascia la casa paterna. Conosce Julius Schröer, germanista e grande conoscitore di Goethe, che diviene suo amico paterno. Schröer associa Steiner a una delle grandi edizioni di Goethe, che venivano avviate proprio allora, e un anno dopo i suoi studi giungono a termine senza concludersi.

A Vienna, Steiner entra in contatto con il campo gravitazionale di idee a lui sino ad allora ignote. Si immerge a fondo nell’idealismo tedesco e giunge chiaramente a una religiosità filosofica; con l’aiuto di Friedrich Wilhelm Schelling crede di “scorgere l’Eterno in noi” (GA 138, 13). Ma il suo vero mentore spirituale diviene Johann Wolfgang Goethe (1749-1832). Per 15 anni Steiner cura la pubblicazione di una parte della sua produzione scientifico-naturalistica, in cui però non si trova la Cromatica, opus magnum di Goethe. La sua interpretazione di Goethe nel corso degli anni viene sottoposta a notevoli modificazioni, ma osservando la sua teosofia più tarda, le interpretazioni degli anni ottanta sono particolarmente importanti. I concetti goethiani dell’“Idea”, come essa si cela nella “pianta archetipica” (che Goethe credeva di avere scoperto nel 1787, nel Giardino botanico di Palermo), erano così interpretati da Steiner:

Nell’Idea riconosciamo ciò a cui dobbiamo ricondurre tutto il resto: il principio delle cose. Ciò che i filosofi definiscono assoluto, essere eterno, principio del mondo, e che le religioni chiamano Dio, noi lo definiamo, in base alle nostre discussioni di teoria della conoscenza, l’Idea. (GA 1,162).

Steiner articola questa teoria dell’Idea in un campo di discussione concreto del tardo 19° secolo, ciòè come riconciliazione tra la scienza naturale, empirica e spesso materialistica, e l’idealistica pretesa di un significato “spirituale del mondo. Al tempo stesso si trovano qui le caratteristiche essenziali della sua interpretazione del mondo teosofica più tarda: l’affermazione di una realtà, dietro o dentro le cose percettibili, che si può dedurre filosoficamente e in modo confrontabile con il metodo argomentativo delle scienze naturali. Il fatto che tutto ciò abbia poco a che vedere con Goethe e molto con le concezioni filosofiche di Steiner, sarebbe un capitolo a se.

Quelli viennesi furono anni spensierati. Discretamente sicuro economicamente, tra l’altro anche grazie a un impiego come precettore presso la famiglia Specht, egli ebbe la possibilità di ampliare i suoi orizzonti piccolo borghesi. Entro in contatto con la secessione viennese, forse con Hermann Bahr, si cimentò come redattore in un giornale nazionalistico, il Deutschen Wochenschrift, ebbe scambi con scrittrici come Rosa Mayreder o Eugenie Delle Grazie e intrattenne rapporti all’interno dell’Accademia viennese, dove ebbe nella persona di Laurenz Müllner uno dei suoi pochi contatti con l’ambiente cattolico. Poco prima della sua partenza per Weimar conobbe anche, nel 1889/90, uno dei primi gruppi di teosofi raccolti intorno a Marie Lang e Friedrich Eckstein, che lo impressionarono profondamente. Steiner scrive in modo oscuro della grande riconoscenza che egli deve a Eckstein; ma gli effetti si sarebbero presto dileguati.

Weimar

Con il trasferimento a Weimar, dov’era l’archivio di Goethe e Schiller, nel settembre 1890, iniziano tempi duri. Steiner è solo, stabilisce pochi contatti con i colleghi, e il suo lavoro editoriale viene pesantemente criticato dai germanisti – in un prima tempo a ragione, come Steiner comprende più tardi. Egli si sente comunque chiamato a qualcosa di più alto, vuole diventare filosofo, non filologo. Perciò nel 1891 presenta ad Heinrich von Stein, grande conoscitore di Platone, una tesi sulla teoria scientifica di Fichte e pubblica nel 1893 il suo capolavoro filosofico (secondo la sua stessa valutazione), la Philosophie der Freiheit (Filosofia della liberta). In essa vuole consegnare la teoria della conoscenza al suo “idealismo obiettivo” (GA 1, 129) e postula l’obiettivita del pensiero: «Il nostro pensiero non e individuale come la nostra percezione e il nostro senso. È universale. … Nel pensiero abbiamo dato l’elemento che coniuga in un tutto la nostra particolare individualità con il cosmo» (GA 4, 90-91). Che il pensiero possa avere una dimensione sociale, che il contenuto del pensiero esista soltanto attraverso il linguaggio e le categorie percettive, che vi sia di conseguenza una posizione ermeneutica problematica, l’anti-kantiano Steiner lo ignora totalmente. La Philosophie der Freiheit di Steiner nella sua pretesa di obiettivita e, per così dire, il pendant nella scienza dello spirito delle pretese di spiegazione delle scienze naturali: empirismo della ricerca in questa, obiettività della conoscenza in quella.

La Philosophie der Freiheit è l’ingresso di Steiner nella mid-life-crisis. La filosofia accademica critica la sua opera in modo assoluto, e naufraga il sogno di una carriera universitaria, che con questo libro egli avrebbe voluto annunciare. Oggi Steiner come filosofo è un fenomeno tramontato; tranne che per l’antroposofia la Philosophie der Freiheit può essere ritenuta nel migliore dei casi come interessante dal punto di vista storico. Steiner perde la speranza nel suo idealismo e diventa nichilista. Nel 1895 si presenta come seguace di Nietzsche (GA 5), si distoglie da Goethe amareggiato (“Goethe non earrivato fino a scorgere la liberta, perche aveva avversione per l’auto-conoscenza” [GA 6,94]).

(continua)

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